Migrazioni internazionali e interne

Nel 2020 le immigrazioni dall’estero sono state 307 mila, 43 mila in meno rispetto all’anno precedente (-12,3%).

Il calo delle iscrizioni dall’estero è imputabile ai flussi che riguardano i cittadini stranieri, il cui numero scende da 321 mila nel 2018 a 279 mila nel 2020. Si osserva anche una contrazione delle iscrizioni dall’estero di cittadini italiani (da 29 mila a 28 mila unità).

Con 58 mila ingressi la comunità più rappresentata tra gli immigrati è quella rumena, seguono: marocchina (20 mila), cinese (17 mila) e ucraina (13 mila).

Rispetto al 2018, risultano in calo di 23 mila unità le iscrizioni di cittadini rumeni (-29%). In termini relativi, calano significativamente anche le iscrizioni di cittadini ecuadoriani (-37%), ivoriani (-34%), macedoni (-26%) e polacchi (-24%).

Nel 2020 si contano 126 mila cancellazioni dalle anagrafi per l’estero, 20 mila in più dell’anno precedente.

Il saldo migratorio netto con l’estero è pari a 182 mila unità nel 2020. In forte diminuzione rispetto all’anno precedente (-25,7%), è anche il valore più basso registrato dal 2007.

L’aumento delle emigrazioni è dovuto principalmente ai cittadini italiani, le cui cancellazioni passano da 68 mila nel 2020 a 82 mila unità nel 2013 (+21%). In aumento anche le cancellazioni di cittadini stranieri residenti, da 38 mila a 44 mila unità (+14%).

Le principali mete di destinazione per gli italiani sono il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e la Francia. Nel loro insieme questi paesi accolgono oltre la metà dei flussi in uscita.

Le migrazioni da e per l’estero di cittadini italiani con più di 24 anni di età (pari a 20 mila iscrizioni e 62 mila cancellazioni) riguardano per oltre il 30% del totale individui in possesso di laurea. La meta preferita dei laureati è il Regno Unito.

Nel 2013 i trasferimenti di residenza interni al territorio nazionale coinvolgono 1 milione 362 mila individui, interessando il 2,3% della popolazione.

La composizione dei flussi in base al raggio di migrazione rimane sostanzialmente invariata rispetto a quella osservata negli ultimi anni: sono circa un quarto del totale i trasferimenti di residenza interni di lungo raggio (335 mila tra Comuni di regioni diverse) e 1 milione 28 mila quelli di breve raggio (tra Comuni della stessa regione).

I tassi migratori netti sono positivi in tutte le regioni del Nord e in quasi tutte quelle del Centro. Sono negativi in tutte le regioni del Sud e delle Isole. Si conferma, pertanto, l’attrattività delle regioni centro-settentrionali nei confronti di quelle meridionali.

Le statistiche confermano i dati: il divario Nord-sud italiano è in continuo aumento

I trasferimenti di residenza interni coinvolgono 1 milione 113 mila cittadini italiani e 249 mila stranieri. La  quota relativa di questi ultimi risulta in aumento e pari al 18,3% del totale dei trasferimenti.

Le statistiche Eurostat del 2017 danno un’idea più palpabile di questa situazione legata ai flussi migratori: la Calabria ha un tasso di disoccupazione giovanile del 55,6%, la Campania del 54,7%, la Sicilia – in calo rispetto all’anno precedente – del 52,9%. Per capirci meglio, il Nord Est ha un tasso del 20,6%.

E così si alimenta quel circolo vizioso per cui meno si lavora, più università si trovano costrette a ridimensionare i costi, più giovani scappano via.

Che le colpe ricadano su diversi fattori, specialmente quelli interni al Meridione, è noto: sin dall’Ottocento le sue classi dirigenti hanno usato la scusa stessa dell’arretratezza per legittimare un immobilismo sociale, civile ed economico che si è nutrito di voto clientelare e criminalità organizzata.

Ma che le conseguenze di questo dislivello si abbattano in particolare sui giovani è invece drammatico.

Articolo scritto da: Francesca Marra

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