Il significato della bandiera
Issata su un’asta o esposta sulle facciate degli edifici pubblici secondo rigorose regole di decoro, la bandiera è il simbolo più importante dello Stato.
Un intero popolo si riconosce nelle forme, nei disegni e nei colori variamente combinati su quello che solo all’apparenza è un semplice rettangolo di tela o stoffa. In tutto il mondo, le leggi puniscono chi oltraggia la bandiera, perché chi compie il gesto irrispettoso non offende un oggetto, un bene materiale, ma il sentimento collettivo dei cittadini uniti da valori, lingua, cultura e origini comuni. L’articolo 292 del codice penale italiano punisce con pene che vanno dalla multa alla reclusione chiunque usi espressioni ingiuriose, imbratti, distrugga o compia altri gesti intenzionalmente offensivi contro il Tricolore. I codici di altri Paesi classificano l’offesa al vessillo nazionale come una profanazione e prevedono sanzioni severissime. In Cina, l’oltraggio comporta l’internamento in un campo di lavoro e rieducazione. Solo negli Stati Uniti il rogo del vessillo federale non è considerato reato. In due sentenze del 1989 e 1990 la Corte suprema classifica infatti il gesto come espressione della libertà di parola, protetta dal Primo emendamento della Costituzione.
Possono essere strappate e avere buchi al posto dell’emblema dell’odiato tiranno, come la bandiera romena del 1989; possono raffigurare armi in ricordo di una sanguinosa guerra civile, come la bandiera del Mozambico; possono essere gioiose multicolori o malinconiche monocolore; possono essere rettangolari, quadrate e persino triangolari.
A tutte le latitudini, le bandiere nazionali raccontano sempre il sacrificio dei tanti coraggiosi che hanno dato la vita per la libertà e l’indipendenza della patria. Risultano pertanto incomprensibili le parole pronunciate dai due giovani Italiani arrestati in Thailandia nel 2017 per avere strappato il vessillo dello Stato asiatico: «Veniamo da un Paese dove la bandiera non è così importante».
La bandiera italiana
La descrizione della bandiera italiana chiude il Preambolo che la Costituzione dedica ai Principi
fondamentali. Secondo Roberto Benigni, l’articolo 12 della Costituzione repubblicana nella sua semplicità è di una bellezza evocativa, un testo di valore poetico: «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni». È come se i padri e le madri costituenti – afferma il regista – volessero paragonare l’emozione che il cittadino prova davanti alla bandiera alla commozione dello scalatore davanti al tricolore che garrisce sulla vetta dell’Everest al termine di una faticosa ma esaltante scalata.

La bandiera non subì modifiche fino al referendum del 2 giugno 1946 che decretò la fine della
monarchia e la nascita della Repubblica. Con l’esilio in Portogallo dell’ultimo re Savoia, Umberto II,
anche lo stemma sabaudo scomparve dai palazzi
delle istituzioni e dal tricolore della nuova Italia
repubblicana
Tra il 1943 e il 1945, la Repubblica di Salò costituita dai fascisti repubblicani (i cd repubblichini)
nell’Italia settentrionale aveva adottato il tricolore con l’aquila e il littorio fascista; quel tricolore
ha un modesto valore storico, perché simbolo iconografico di uno Stato in cui solo una parte minoritaria degli italiani si riconosceva.
L’esperienza di altri Paesi: la bandiera col buco
Vicissitudini analoghe caratterizzano la storia recente di altri Stati. Nelle foto delle rivolte di piazza
scattate nell’inverno del 1989 in Romania ricorre l’immagine di bandiere con un buco circolare al
centro. Per giorni, giovani, studenti, operai sventolarono per le strade di Bucarest, Timisoara, Cluj, Brasov il tricolore nazionale blu, giallo, rosso dal quale avevano strappato l’odiato emblema del partito comunista al governo.
Dopo quarant’anni di potere comunista il popolo si era ribellato all’ultimo sultano rosso, il conducator Nicolae Ceausescu, e aveva cancellato dal simbolo dello Stato il segno
della sua oppressione. L’emblema del dittatore salito al potere nel 1965 era, infatti, quanto di più
lontano dalla realtà ci poteva essere nella Romania del tempo. Mentre nel Paese si soffrivano la fame, il freddo e il controllo soffocante della polizia segreta, la Securitate, al centro della bandiera compariva l’immagine idilliaca di un paradiso inesistente: un sole caldo sopra montagne innevate che sovrastano boschi e campi di petrolio circondati da spighe di grano.
Collassato il comunismo e con esso il regime, quella provocazione non poteva sopravvivere al
suo capo. Il primo atto del primo governo libero fu infatti il decreto, ancora vigente, che vieta l’aggiunta di qualsiasi stemma alla bandiera, e ripristina l’insegna civile adottata nel Regno di Romania fin dal 1881. Oggi, alcune bandiere “col buco” sventolate nei giorni della rivoluzione dell’89 sono conservate nei musei statali a testimonianza dei giorni dell’insurrezione popolare.
Articolo scritto da: Francesca Marra