Il legame che stringe i sigari alla letteratura è stato sempre particolare. Non a caso alcuni marchi, come i famosi “Montecristo” e i “Romeo y Julieta”, devono la loro denominazione alle opere più amate dai sigarai. Furono proprio gli operai a inviare una lettera a Dumas, per chiedere l’autorizzazione all’uso del nome sui pregiati sigari.
Nel 1865, il poeta e sigaraio Saturnino Martínez, fondò il giornale “La Aurora” che affrontava tematiche di politica e di letteratura. Rivolta ai sigarai, si avvaleva della collaborazione di alcuni intellettuali cubani. Nel primo numero del periodico, Martínez scriveva: “Lo scopo di questa pubblicazione è illuminare in ogni maniera possibile la classe operaia”. Fu così che Rivero Julian, proprietario della fabbrica di sigari “El Figaro” a L’Avana, introdusse nei suoi stabilimenti la figura del “lector”, per intrattenere i torcedor (i sigarai) durante le ore di lavoro e rendere più accettabile il clima lavorativo. Molti degli operai che arrotolano i sigari a moani erano alienati dalle lunghe sessioni di lavoro e analfabeti.
La pratica della lettura pubblica nelle fabbriche ebbe un forte impatto e contribuì al cambiamento socioculturale della classe operaia. Lo scrittore Alberto Manguel, nel saggio “Una storia della lettura” (ed. Feltrinelli, 2009) ricostruisce i passaggi salienti dell’iniziativa: i lettori erano selezionati tra gli stessi operari in base al tono di voce e alla propensione alla teatralità. Il “lettore” si collocava nel mezzo della sala, tra gli operai intenti al lavoro e leggeva a voce alta delle storie. Se i lavoratori intenti ad arrotolare foglie di tabacco battevano il manico del coltello sul banco di lavoro era segno che l’interpretazione era stata apprezzata, era il loro modo di appaludire. Gli operai cominciarono sempre più a gradire questi interventi così finirono per scegliere loro stessi i contenuti da leggere. A Cuba, i torcedor iniziarono presto a condividere le notizie relative al mondo sindacale e alle loro lotte. Le letture pubbliche nelle fabbriche cubane si sono svolte fino al 14 maggio del 1866 quando il governatore di Cuba le proibì con il seguente decreto :
1. È proibito distrarre i lavoratori del tabacco e di ogni altro genere di industria con la lettura di libri e giornali, o con dibattiti estranei al lavoro in cui sono impegnati.
2. La polizia eserciterà la sua costante vigilanza per imporre l’esecuzione di codesto decreto, e metterà a disposizione della mia autorità i proprietari di fabbriche, i dirigenti e i sorveglianti che violeranno questa disposizione, affinché vengano puniti secondo la legge in base alla gravità del caso.
Il provvedimento generò enorme scontento tra gli operai che reagirono scioperando. Quando emigrarono come manodopera specializzata nella lavorazione del tabacco, i cubani esportarono questa pratica nelle fabbriche della Florida, della Spagna e del Messico.
Nel 1873, la rivista nordamericana “Practical Magazine” pubblicò un’illustrazione nella quale era raffigurato un lector, con gli occhiali e un cappello a falda larga, seduto a gambe incrociate mentre legge a tre sigarai intenti a lavorare. Attualmente a Cuba, la tradizione della lettura pubblica persiste solo nelle fabbriche di sigari di lavorazione artigianale e Lucio C. Peña è l’ultimo lettore nelle fabbriche di sigari.

Articolo scritto da: Patrizia Gradito