Nelle ultime settimane abbiamo assistito all’impennata del tasso di inflazione, con l’aumento dei prezzi di beni e servizi e la conseguente riduzione del potere d’acquisto della moneta. Gas, energia elettrica, materie prime sono alcuni dei beni coinvolti nella spirale inflazionistica dovuta alla ripresa economica post-pandemia e allo scoppio della guerra in Ucraina del febbraio scorso.
Un altro fenomeno però è balzato agli onori della cronaca, quello della shrinkflation. In cosa consiste?
Si tratta di una strategia adottata da aziende e produttori per mantenere lo stesso prezzo di un determinato prodotto, diminuendone però la quantità. Il termine deriva dall’inglese ed è l’unione delle parole shrink “restringere” e inflation “inflazione”. Un fenomeno non nuovo, già da anni infatti le aziende hanno adottato questa strategia, ma in un periodo di incertezza e di crisi come quello attuale è saltato subito all’occhio dei consumatori. La strategia infatti gioca sul fatto che il cliente, guardando il prezzo invariato, non percepisca la sensazione di “impoverimento” e che quindi continui a comprare beni e servizi nonostante l’inflazione. Per esempio, una barretta di cioccolato da 200 grammi dal costo di 2€ verrà venduta in una confezione più piccola da 180 grammi, mantenendo lo stesso prezzo.
Una diminuzione della quantità di prodotto che da molti non viene notata, spesso accompagnata da un rinnovo del packaging per rendere il prodotto più accattivante: per questo motivo è sempre consigliabile controllare il prezzo al Kg di ogni bene che si acquista. Nel frattempo il Codacons ha sporto denuncia all’autorità giudiziaria per capire se la pratica può considerarsi lecita o si possa prefigurare il reato di truffa.
