FOOD PORN vs NATURA MORTA

Il cibo in “tavola”

Se accedete alle vostre pagine social quante foto di cibo vi appaiono?
Provate a contarle. Sono davvero tantissime, un’infinità. 

Negli ultimi anni siamo stati letteralmente invasi da foto scattate ai cibi, piatti di pasta, pizze, panini, dolci, piatti gourmet, hamburger, torte, biscotti.
Quanti di voi, di fronte ad una bella portata non hanno pensato, almeno una volta, di scattare una fotografia e postarla sui social?

Da una ricerca effettuata da Ypulse, nel maggio 2015, è emerso che il 63% delle persone, nella fascia di età compresa fra i 13 e i 32 anni, pubblica sui social una foto di ciò che sta mangiando o bevendo e, che solo su Instagram, c’erano circa 54 milioni di foto con l’hashtag food porn.

Si fotografano sempre piatti bellissimi, invitanti, impiattamenti originali, che siano preparati in casa o da veri chef. 
Attraverso la vista si vuole stimolare anche il gusto, l’olfatto.
Una bella foto di uno spaghetto con le vongole, preso dalla giusta angolazione, che cattura l’attimo in cui la vongola scivola delicatamente sullo spaghetto, ci fa venire l’acquolina in bocca. Ci sembra quasi di sentire l’odore del prezzemolo, dell’olio, della pasta fumante e perché no, se scattata in un grazioso ristorantino in riva al mare, l’odore del mare. 

Ma da quando il cibo è diventato così importante e così fondamentale da diventare l’unico soggetto indiscusso di un’immagine?
È necessario fare un “piccolo” passo indietro. 
Il mettere in primo piano e in risalto il cibo non è di certo un’invenzione degli ultimi anni.

Il tema del cibo in passato, senza l’ausilio della fotografia, era già stato affrontato nell’arte, in uno dei generi pittorici considerato inferiore rispetto agli altri, la natura morta.
La natura morta immortalava, in un determinato tempo e spazio, qualcosa che apparteneva alla quotidianità.
Seppur già esistente, solo nel XVII secolo questo genere pittorico raggiungerà il suo culmine.
Possiamo dire che è con Caravaggio che vedrà la luce ma sarà l’arte olandese ad ereditarne e a contribuire enormemente alla sua diffusione.

Perché proprio in Olanda?
In seguito alla riforma luterana, in Olanda si sviluppò il protestantesimo, più precisamente il calvinismo, dottrina religiosa molto rigida che tra le varie restrizioni, rifiutava in maniera drastica le raffigurazioni e le immagini di culto. Cosa rappresentare allora? Ci si concentrò su ciò che li circondava, si preferirono soggetti profani e per lo più temi attuali. 
L’Olanda stava vivendo in quegli anni un periodo di forte espansione coloniale e commerciale. 
Nei Paesi Bassi stava emergendo una nuova classe di mercanti e commercianti la cui ricchezza tendeva ad aumentare.
Dai porti arrivava un’enorme e svariata quantità di cibi e di oggetti preziosi che divennero il tema principale dei quadri commissionati ai pittori dalla nuova classe emergente che voleva ostentare la propria ricchezza.

Le nature morte olandesi erano qualcosa di affascinante, tutto curato nei minimi particolari, un vero splendido spettacolo estetico. Ma era davvero solo questo? Si voleva davvero dichiarare solo il proprio successo o dietro si nascondeva qualcosa di più profondo? 
Gli oggetti, i cibi, erano dei simboli, spesso facevano da monito, da ammonimento. 
Le splendide posate luminose indicavano sì la ricchezza, il denaro, ma anche lo spreco, la sete di arricchimento. 
Il prosciutto, così come le ostriche e le aragoste, rappresentavano i piaceri della carne a cui prestare attenzione. 
Il limone simboleggiava l’ipocrisia, l’inganno. Bellissimo fuori, giallo e luminoso, ma dal gusto  aspro, acido, amaro. 
I bicchieri di cristallo così sottili, eleganti, delicati, rappresentavano la fragilità umana così come le candele spente  e gli orologi,  che indicavano lo scorrere del tempo, l’ineluttabilità della morte. 
I coltelli ricordavano la forza maschile ma anche e soprattutto la morte, che metteva fine a tutti i piaceri della vita.

Ieri come oggi si vuole mostrare, apparire, ostentare, condividere. 
Questo è ciò che si fa con una foto, con un’immagine, stimolare la mente attraverso lo sguardo, scaturire una qualsivoglia reazione nell’osservatore, che sia un sentimento di ammirazione, di invidia, di gioia, di monito, di desiderio, si vuole provocare, provocare emozioni, muovere gli animi. 

Willem Claesz Heda, Natura morta con boccale dorato
Willem Claesz Heda, Colazione

Articolo scritto da: Simona Signoriello

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