Brides on Tours: follia o coraggio?
Quali sono i vostri pensieri, le vostre emozioni quando vedete una sposa in abito bianco varcare la navata principale di una chiesa? Gioia, tristezza, felicità, nostalgia, malinconia?
Per Pippa Bacca, vedere una sua amica in abito da sposa, fu l’ispirazione per uno dei suoi progetti artistici più grandi, per la performance più importante della sua vita.
Pippa Bacca, nata a Milano nel 1974, intraprese molto presto l’arte performativa.
L’arte e i viaggi erano le sue passioni più grandi. L’arte era qualcosa che aveva nel sangue, suo zio era Piero Manzoni, e da sempre, fin da ragazzina, insieme alla mamma e alle sue sorelle, aveva visitato molti luoghi facendo l’autostop. Viaggiare in autostop era per lei qualcosa di familiare, di naturale
Unire dunque, il tema dell’autostop a quello della sposa, era l’dea alla base della sua performance “Brides on tours”.
La sua performance consisteva nel partire, insieme ad un’altra artista, Silvia Moro, vestite in abito da sposa, in autostop, con dei grandi cartelli da esibire con le loro destinazioni, da Milano verso Gerusalemme, con l’intento di attraversare tutti i paesi segnati dalla guerra.
Partirono l’8 marzo del 2008, il giorno della festa della donna.
La scelta di indossare l’abito da sposa per l’intero tragitto non voleva solo richiamare la capacità generatrice della donna ma voleva essere un simbolo di pace e di fratellanza.
L’abito di Pippa era un abito di giglio con molti strati. Era composto da undici veli, undici come i paesi che avevano intenzione di attraversare. Il vestito era poi formato da una mantellina, che Pippa avrebbe poi utilizzato, per asciugare i piedi alle ostetriche dei vari paesi visitati.
Cercare le ostetriche, fare loro delle domande e lavare i loro piedi era un atto di venerazione; le ostetriche facevano nascere la vita proprio in quei luoghi dove era più difficile vivere. Il suo, era un gesto che voleva omaggiare coloro che facevano nascere i bambini, in netto contrasto con la guerra che invece portava via le vite. Le ostetriche aiutavano la vita a continuare, a far nascere, a fiorire.
Nel loro lungo viaggio, dopo aver attraversato la Slovenia, la Croazia, la Bosnia e la Bulgaria, Pippa e la sua compagna arrivarono in Turchia il 20 marzo, da dove avrebbero poi proseguito per la Siria, il Libano, la Giordania, la Cisgiordania e Israele, fino ad arrivare a Gerusalemme.
Ad Istanbul però successe qualcosa; la complicità iniziale che c’era stata tra Pippa e Silvia, ad un certo punto sembrò affievolirsi. Decisero di separarsi, di continuare il viaggio da sole per poi ritrovarsi dopo pochi giorni a Beirut.
Purtroppo però, Pippa Bacca non ci arriverà mai.
Il 31 marzo un camionista la lasciò in un’area di servizio e dopo di che, più nessuna sua traccia di lei. In quell’area di servizio prese il suo ultimo passaggio. Lì si svolse il suo ultimo autostop, fu fatta salire da un uomo sulla sua macchina, portata in un bosco e brutalmente violentata e uccisa.
Il suo corpo fu ritrovato a Gebze dopo 12 giorni dalla sua scomparsa.
La sua morte scosse tutta l’opinione pubblica, nazionale e internazionale. La notizia della sua scomparsa e della sua morte passò su tutti i notiziari, si mobilitarono tutti. Pochi giorni dopo la sua morte, in molti Paesi, molte donne decisero di manifestare per strada vestite in abito da sposa, in ricordo di Pippa Bacca e del suo messaggio.
La sua performance non è fallita, la sua morte è stata una fatalità, non è legata a quello che stava facendo, è stato l’incontro sbagliato con la persona sbagliata nel momento sbagliato.
Pippa è vincente, ha lasciato una traccia, il suo lavoro non è andato perduto, il suo viaggio è finito lì ma il suo messaggio continua, è passato ancora più forte.
Il suo messaggio di pace con un vestito da sposa non voleva essere una scelta comoda, voleva portare la pace e, portare la pace, purtroppo, non è mai stato semplice.
Percorrere un lungo tragitto in autostop non era una cosa da niente, soprattutto in quei luoghi.
La varietà di persone che possono capitare in un passaggio è infinita. Per Pippa l’autostop era un modo per essere accolti, un modo per ricevere del bene da chi dà il passaggio.
La scelta dell’autostop ci mette strettamente in relazione, in comunicazione con le persone che stanno transitando in quel momento in quel paese, è un condividere un abitacolo e cercare di comunicare, di creare sempre un filo che ci unisce, un legame, un modo reale di creare la pace, di farla.
Voleva dimostrare che bisogna fidarsi e, anche se gli eventi hanno dimostrato il contrario, il messaggio che è passato è che comunque non bisogna perdere la speranza, bisogna credere nel bene, perseguirlo…fino alla fine.
La vicenda della morte di Pippa può sicuramente dividere e scuotere le persone. C’è chi può ritenerla un’incosciente, pensare che la sua performance sia stata un azzardo, una pazzia, e chi invece è rimasto affascinato dal suo coraggio e dai suoi ideali e che vede in lei, nel suo gesto, nella sua idea, un messaggio di pace e speranza.

Articolo scritto da: Simona Signoriello